MEDIAZIONE CULTURALE E MULTICULTURALE

All’interno di un contesto in cui flussi migratori e globalizzazioni creano sempre più frequenti intrecci culturali, etnici e religiosi la mediazione culturale gioca un ruolo decisivo come parte attiva del processo di integrazione sociale e culturale.

Mediazione Culturale – Cos’è

La globalizzazione e i crescenti movimenti migratori creano occasioni sempre più frequenti di intrecci culturali, etnici, linguistici e religiosi tra persone provenienti da realtà diverse, facendo emergere anche contrasti fra diversi gruppi di elementi che descrivono la realtà e nel contempo dimostrando la necessità del cambiamento. In questo contesto la mediazione, ed il mediatore culturale, giocano un ruolo decisivo come parti attive del processo di integrazione sociale e culturale, intervenendo “mediando”, come strumento di sintesi tra diverse componenti identitarie, culturali, religiose, etniche, all’interno di un “processo, il più delle volte formale, con il quale un terzo neutro tenta, facilitando scambi tra le parti, di permettere loro di confrontare i propri punti di vista e di cercare con il suo aiuto una soluzione al conflitto che le oppone” (definizione di Bonaffé-Schmitt).

Conflitto come crisi di indifferenziazione, cioè relativo a situazioni in cui entrambe le parti sono convinte di funzionare con le stesse modalità di rappresentazione, ciascuna attribuendo all’altra il proprio modo di funzionare. In questo modo l’alterità non viene più valutata come possibile differenza, ma come una diversità negativa; l’altro diventa l’estraneo, il soggetto incomprensibile.
L’essenza della mediazione consiste proprio nella variazione dello spazio relazionale che si crea tra i mediati, una variazione che può permettere ad un soggetto di aprirsi all’altro, di porre soprattutto l’antagonista come “altro”, e di porre se stesso come “altro possibile”, e fare mediazione significa, prima di tutto, prendersi cura, con modalità inedite sul piano socio-istituzionale, di comportamenti cosiddetti antisociali e/o antigiuridici che compulsivamente, immediatamente producono in noi stessi e negli altri sentimenti di rivolta, risentimento, tradimento, rabbia, desiderio di vendetta, disonore, umiliazione, incomprensione, senso di colpa.
L’essenza della mediazione consiste proprio nella variazione dello spazio relazionale che si crea tra i mediati, una variazione che può permettere ad un soggetto di aprirsi all’altro, di porre soprattutto l’antagonista come “altro”, e di porre se stesso come “altro possibile”, e fare mediazione significa, prima di tutto, prendersi cura, con modalità inedite sul piano socio-istituzionale, di comportamenti cosiddetti antisociali e/o antigiuridici che compulsivamente, immediatamente producono in noi stessi e negli altri sentimenti di rivolta, risentimento, tradimento, rabbia, desiderio di vendetta, disonore, umiliazione, incomprensione, senso di colpa.

La Figura del Mediatore Culturale

In questo contesto si colloca la figura del mediatore culturale, colui, per definizione, non deve avere alcun potere, nel senso che non spetta a lui (lei, loro) la risoluzione della disputa. Le sue capacità sono quelle legate alla capacità di ascolto, di rimanere imparziale e neutrale. Mutuando quanto afferma Lanzara, il mediatore deve sviluppare una capacità negativa, che è quella di rendersi vulnerabile al dubbio, di restare impassibile di fronte alla perdita di senso, di non volere a tutti i costi pervenire a fatti e motivi certi.
Il mediatore agisce come catalizzatore, in quanto aiuta a modificare la relazione fra gli antagonisti facendola migrare da uno stato di tensione tra due soggetti (ove regnano la asimmetria, l’esclusione, la competizione e la violenza) verso un processo a tre poli, ove il dubbio, l’interrogativo e le differenze possono coesistere, e la responsabilità reciproca viene condivisa. Il mediatore è coluiche non giudica mai, che non dà consigli, non trova né dà soluzioni, ma interviene nel conflitto per dare la parola ora all’uno ora all’altro per consentire alle parti di raggiungere una diversa percezione l’una dell’altra, scoprire un nuovo linguaggio per parlare, provare a (ri)costruire la loro relazione elaborando nuove regole che saranno utili per affrontare concretamente gli effetti del conflitto e del disagio che stanno vivendo, e, nello specifico del fenomeno migratorio, favorire un percorso misto di informazioni, conoscenze ed esperienze volte all’abbattimento dei pregiudizi, che alimentano le mappe mentali che sono alla base dei fenomeni di intolleranza.
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